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Recensione Gryphon Kalliope (Fedeltà del Suono n. 221)

Andrea Della Sala recensisce per la testata Fedeltà del Suono il convertitore DAC Kalliope della danese Gryphon.

Un DAC capace di ricostruire le più fini trame armoniche con una grazia e un rispetto commoventi.
La voce del Kalliope è immediatamente riconoscibile, non certo per una sua qualche caratterizzazione timbrica, giammai, quanto per la sua capacità di inserirsi in una catena audio assumendo il comando delle operazioni. La sua capacità di messa a fuoco della trama sonora diverranno leggendarie.
Ovviamente ho provato ad ascoltare anche la mia sorgente abituale, il Naim HDX, in contemporanea sia con che senza l'apporto del Kalliope.
Beh, sapete quanto io stimi il marchio inglese, ma non ce ne è per nessuno.
Va bene, la differenza di prezzo è nell'ordine quasi di quattro volte tanto, ma l'HDX, che tanto positivamente in questa circostanza mi ha stupito utilizzato come meccanica, esce distrutto dal confronto A/B.

Sicuramente, e di gran lunga, il migliore convertitore stand alone provato dal sottoscritto fino ad ora. Sotto qualsiasi aspetto io possa sforzarmi di considerarlo.
Non c'è stato un momento in cui mi si sia palesata una qualsiasi idiosincrasia, un risultato sonico in una qualche misura deludente o inferiore alla media generale degli ascolti effettuati in questi due mesi.

La prestazione fornita con i formati audio ad alta risoluzione è stata avvincente ma questo, in una qualche misura, ce lo si può aspettare.
Quello di cui invece ancora fatico a capacitarmi è quanto bene faccia al caro vecchio compact disc questo DAC.

Sono sinceramente sbigottito dal lavoro svolto dal team di Fleming Rasmussen e con lui e la sua squadra voglio complimentarmi.

Nei prossimi anni parleremo di questo DAC come di uno spartiacque.